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Fintech italiano: il 66% dei founder punta a un round

Fintech italiano in fase di maturazione ma ancora distante da uno sviluppo competitivo a livello internazionale: è questa la fotografia scattata dal nuovo studio “Founders vs Investors: two faces of Fintech funding”, realizzato da EY e Fintech District. La ricerca evidenzia un ecosistema in evoluzione, ma ancora ostacolato da dinamiche complesse che rallentano l’accesso ai capitali e la scalabilità dei modelli di business.
Un ecosistema che fatica a decollare del tutto
Nel 2024, le startup Fintech attive in Italia sono circa 600. Tuttavia, la raccolta di capitali ha subito una contrazione rispetto al picco del 2022, quando si raggiunse 1 miliardo di euro. Nei due anni successivi, i numeri sono crollati: appena 174 milioni nel 2023 e 250 milioni nel 2024. Il problema principale? La difficoltà di accesso al capitale, soprattutto nelle fasi iniziali.
La marginalità del settore tra le priorità degli investitori è evidente: oltre un terzo dei portafogli ha asset allocati inferiori a 500.000 euro. E mentre UK, Francia e Spagna avanzano, l’Italia resta indietro, tanto per numero di startup quanto per capacità attrattiva verso i capitali.
Founder e investitori: due visioni divergenti
Lo studio rivela una frattura tra le aspettative delle startup e i criteri degli investitori. I founder desiderano decisioni rapide e supporto strategico; gli investitori, al contrario, cercano progetti ambiziosi, modelli scalabili e forte leadership.
Il 75% dei founder ritiene fondamentali le competenze tech, mentre altrettanti investitori danno priorità alla capacità di leadership. Inoltre, la compliance si conferma centrale: il 68% degli investitori e il 52% dei founder la considerano un fattore decisivo.
Network e contatti: il vero capitale
Un altro elemento emerso con forza è il ruolo del network: il 75% dei founder e l’80% degli investitori ha trovato la controparte per il deal tramite relazioni personali. L’insuccesso nella raccolta, spesso, è legato non a una mancanza di fondi, ma a una carenza di connessioni strategiche.
Il 29% delle Fintech senza finanziamento ha tentato un round senza successo e, di queste, il 38% cita proprio l’assenza di contatti come principale ostacolo.
Capitale domestico, preferenza internazionale
Sebbene il 90% dei fondi raccolti provenga da investitori italiani, metà dei founder preferisce l’approccio degli investitori esteri, più rapidi nei processi e nelle decisioni. Anche tra gli investitori si registra una crescente preferenza per startup internazionali, considerate più pronte alla scalabilità.
Verso un nuovo ciclo di investimenti
C’è però un cauto ottimismo: il 66% dei founder e il 55% degli investitori prevede un nuovo round di equity entro metà 2026. L’interesse verso fondi VC (67%) e CVC (53%) cresce, a conferma della ricerca di capitale strategico e non solo finanziario.
Andrea Ferretti (EY) sottolinea come la distanza tra aspettative debba essere colmata con mentorship e confronto. Clelia Tosi (Fintech District) invita a cogliere i segnali di ripresa per avviare una fase di consolidamento e crescita.