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IA, Ibarra (Engineering): ‘Ecco perché l’Ue deve far sistema per competere’
(Adnkronos) – La collaborazione europea in campo tecnologico è “l'unica soluzione possibile” per rendere l’Ue in grado di competere su scala globale. Urge “rompere le barriere, armonizzare le legislazioni, cercare di far sì che possano esserci più campioni europei”. Così l’amministratore delegato di Engineering, Maximo Ibarra, in una conversazione con Adnkronos a margine della conferenza Comolake. Nella corsa allo sviluppo dell’intelligenza artificiale i campioni americani partono chiaramente avvantaggiati. Anche perché vantano risorse molto più importanti rispetto a quelle dei player europei, spiega l’ad del gruppo italiano. Quindi nonostante la creatività delle aziende europee – “sicuramente con un asset che non bisogna sottovalutare” – diventa necessario porre le condizioni per raggiungere la massa critica necessaria a competere. La competitività europea passa anche da un’integrazione della formazione, con ricadute importanti anche sugli investimenti in ricerca e sviluppo o ricerca e innovazione, spiega Ibarra. Secondo l’ad, programmi come quelli lanciati nel post-pandemia come il Pnrr “sono fondamentali” perché “aiutano le istituzioni a collaborare con le imprese e viceversa, anche dal punto di vista della formazione”. Quando la risorsa delle competenze è scarsa – ed è scarsa in tutto il mondo, puntualizza – è chiaro che bisogna mettere quelle delle aziende a fattor comune in una collaborazione win-win. “Come Engineering abbiamo proposto e di fatto già messo in piedi un'alleanza per l'Italia tecnologica con un altro player del settore. Questa è un'alleanza aperta a tutti, con l’obiettivo di lavorare insieme su soluzioni di tecnologia efficaci nel dialogo con istituzioni e pubblica amministrazione. Un sistema del genere richiede un’Unione europea “che deve ragionare come se fosse un’insieme di Paesi con zero barriere per quanto riguarda tecnologia e formazione, infrastrutture e le regole”, spiega Ibarra. Il suo appello alle istituzioni Ue è quello di farsi promotrici di un’armonizzazione legislativa, ma anche bilanciare la necessità di regolamentare e quella di innovare, aspetti che “devono andare di pari passo”. Un equilibrio del genere potrebbe permettere alle aziende Ue di “primeggiare nel mondo rispetto ad altre geografie, perché noi abbiamo entrambi gli elementi”. Per garantire la competitività europea si passa anche dalla disponibilità di dati di quantità e qualità, ricorda l’ad. Al pari degli altri settori, anche qui serve una maggiore armonizzazione: “se si costruisce un modello linguistico in Italia sarebbe opportuno poter anche disporre dei dati che sono generati in altri Paesi europei, e viceversa”. Più dati per continuare ad allenare i modelli, non necessariamente nella lingua del Paese di origine, cosa che “potrebbe facilitare la creazione di operatori di IA generativa che abbiano le caratteristiche per poter competere anche con altre aree geografiche”. Attenzione anche al caro-elettricità, che svantaggia le realtà europee rispetto ai competitor esteri. Alcune grandi aziende Usa affrontano l’aumento di consumo di elettricità con contratti a lungo termine con centrali nucleari. In Ue, invece, “bisogna lavorare molto” sul garantire energia a basso costo per mantenere infrastrutture computazionali, data center, server che siano in grado di rispondere alle esigenze del continente. Solo allora si potrà ragionare su un ecosistema tecnologico europeo “che può far tranquillamente concorrenza ai giganti asiatici o americani”. In Italia e altrove l’adozione di sistemi IA è già assodato, con la stabilizzazione di alcune applicazioni che genera un incremento medio della produttività tra l’1 e il 5%. Una cifra che può “tranquillamente raddoppiare” nel giro del prossimi anno e mezzo. Si riscontrano già cifre del genere in alcuni casi specifici e non solo in Italia, continua Ibarra. Peraltro le stime sullo sviluppo dell'IA spesso vengono disattese in positivo, nel senso che si accorciano i tempi, aggiunge. Nessun rallentamento in vista perché “sono molto chiari gli ambiti di applicazione”, specie in alcuni settori industriali come nel mondo manifatturiero, dove c’è “un utilizzo molto intensivo di strumenti di machine learning, quindi fondamentalmente strumenti predittivi”, spiega l'ad. Altri settori sono più lenti nell’implementare l’IA per migliorare i prodotti, anche se l’automazione dei processi ripetitivi “comincia ad essere nel dna di un po’ tutte le aziende in tutti i settori, dal retail al fashion al manifatturiero”. Le novità oggi sono nel campo del miglioramento del servizio al cliente, per esempio tramite chatbot di nuova generazione, continua Ibarra. Cresce anche l’adozione combinata di IA e gemelli digitali (digital twin) che “cominciano a lavorare sempre più insieme” e si rafforzano a vicenda. L’esempio è il campo della medicina, dove “la sanità pubblica sta investendo moltissimo” ed Engineering gestisce la piattaforma nazionale di telemedicina realizzata per Agenas. L’ad del gruppo prevede che questa accelerazione “darà sorprese molto positive nei prossimi due anni”. “Engineering esiste da più di quarant'anni e ha accumulato un set informativo di tutte le industrie nelle quali operiamo, che sono praticamente tutte quelle presenti in Italia e non solo. Avendo accumulato quel patrimonio informativo, noi abbiamo pre-allenato la nostra piattaforma in ottica business-to-business con le informazioni più rilevanti di open industry. Non solo dal punto di vista dei processi produttivi, dal punto di vista del business, ma anche dal punto di vista legislativo, normativo e regolamentare”, racconta Ibarra. Il risultato: per un’azienda dotarsi di un modello del genere equivale a dotarsi di un patrimonio di dati che difficilmente sarebbe stata capaci di costruire da sola. Questo le permette di accelerare una serie di processi, continua l’ad: “capire gli insight, capire i casi d'uso, trovare sostanzialmente soluzioni per automatizzare o diventare più capaci nell'ambito delle analisi predittive”. In sostanza, la lezione di Engineering è che le aziende “hanno bisogno di piattaforme pre-allenate sulle loro esigenze specifiche di settore”. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)