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AI

L’AI sta creando lavoro precario?

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La startup Mercor, che fornisce servizi di data-labeling e formazione per modelli di intelligenza artificiale destinati a realtà come Meta e OpenAI, ha deciso di chiudere improvvisamente un progetto in corso (codename «Musen») che impiegava migliaia di contrattisti.

Dopo l’interruzione del progetto originale, a molti lavoratori è stato offerto un nuovo incarico molto simile (codename «Nova») ma con una paga oraria ridotta: circa 16 $/h rispetto ai 21 $/h del precedente progetto.

La vicenda solleva questioni centrali sul modo in cui l’industria dell’IA utilizza la manodopera umana per addestrare i modelli un’attività spesso presentata come “altamente professionale” ma che in realtà può rientrare nei meccanismi della gig-economy e del lavoro precario.

In conclusione, la storia di Mercor mette in evidenza una contraddizione: mentre da una parte l’IA viene venduta come progresso tecnologico e opportunità, dall’altra una parte del lavoro umano che la sostiene è sempre più instabile e sottopagata. Per operatori, policy maker e professionisti del mondo tech è un segnale da tenere in considerazione.